Di recente sono stati pubblicati dei report sull’efficacia di 4 Tipi di Psicoterapia per i pazienti borderline: la TFP, Terapia sul Transfert (Kernberg, 2015), la SPT Psicoterapia Dinamica (Appelbaum, 2005) E la più diffusa, DBT (Linehan, 2021).
Chi ha il disturbo borderline sicuramente saprà di cosa parliamo quando pronuncio Funzione Riflessiva, che è quella che, a conti fatti, non permette di costruire rapporti durevoli. Per FR s’intende la capacità di comprendere il comportamento e le reazioni proprie e altrui in termini di stati intenzionali.
“E’ attraverso la comprensione del fluire di tutti gli stati d’animo e dell’accettazione degli stessi, che si comprende profondamente se stessi.” dal mio libro ©La Fragilità può essere Distrutta (Ordina su amazon)
I risultati di questa ricerca suggeriscono che i pazienti con bassa funzione riflessiva (FR) migliorano di più con la terapia focalizzata sul transfert (TFP) o con la psicoterapia dinamica di sostegno (SPT). Viceversa, i pazienti con FR nella norma migliorano di più con la terapia DBT o la TAU.
Ciò che hanno in comune le persone con “diagnosi borderline” è la capacità di mentalizzare gli stati d’animo.
Una buona mentalizzazione, implica la comprensione che non si può “sapere” cosa pensi o provi un’altra persona ma solo immaginarlo e ipotizzarlo. In ogni caso, la capacità di mentalizzazione migliora nel rapporto di transfert Terapeuta/Paziente.
Questo è possibile attraverso un’analisi di autocoscienza che avviene a posteriori nella seduta psicoterapeutica; esprimere i propri bisogni attraverso il confronto aiuta l’approccio alla comprensione dei propri stati mentali e di quelli degli altri, elementi critici nel “disturbo borderline”.
Per mentalizzazione quindi s’intende la mediazione riflessiva, che spesso è completamente distorta da un Sé alla ricerca di attenzioni che non bada ai bisogni altrui; mentalizzare significa anche seguire i propri sentimenti e comprendere quelli degli altri in relazione a questi ultimi.
Si è evidenziato che la terapia DBT non è la più efficace nel fornire un training sulla mentalizzazione del sé, ma ha trovato migliori prospettive nella terapia TFP, la quale sembra essere più adatta a “insegnare e mostrare” cosa vuol dire mentalizzare.
Intelligenza emotiva e Terapia Cognitivo-Comportamentale
Col termine intelligenza emotiva s’intende la capacità di “gestire” i sentimenti e le emozioni proprie e degli altri, al fine di guidare le nostre azioni verso obiettivi specifici. Ma nella pratica, come possiamo svilupparla?
Secondo D. Goleman, l’intelligenza emotiva è una competenza cruciale per il successo nella vita personale e sociale, spesso più importante delle abilità intellettuali misurate dal quoziente intellettivo. Riporto 3 competenze dell’intelligenza emotiva:
1. Autoconsapevolezza emotiva. Per comprendere cosa sia questa competenza, identifica un’emozione che senti spesso (in compagnia, a lavoro ecc ). Se vuoi, riporta un esempio nei commenti. Che significa per te, sentirti così? Che influenza ha sulla tua vita? E infine, chiediti: a cosa è servito provare quest’emozione? Questa è Autoconsapevolezza.
2. Autoregolamentazione. Imparare a “gestire” le proprie emozioni non significa negarle o eliminarle, ma fare in modo che siano in linea con i nostri obiettivi e che non siano invece controproducenti. “Gestire” le emozioni significa prima conoscerle e poi adottare una strategia di gestione efficace, anche nei rapporti con gli altri.
Queste skills, a dire il vero, fanno anche parte della Psicoterapia cognitivo-comportamentale.
3. Avere Empatia. Per raggiungere i nostri Obiettivi, è importante riuscire a “validare” anche le emozioni degli altri. Come accenno in “patologia della società”, un capitolo del mio libro:
“Un fattore importante che pregiudica la nostra salute psichica, è racchiusa nella razionalizzazione emotiva del sintomo, e in secondo luogo, nell’impotenza a poterci identificare con gli altri”. dal mio libro ©La Fragilità può essere Distrutta (Ordina su amazon)
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