Dove è nata la “sindrome” depressiva? Le considerazioni del passato sono ancora valide nell’orizzonte psicologico del mondo moderno?
“Osservando l’irrazionalità che definiamo patologica, leggeremo la natura dei nostri desideri inconsci, trasformando il vuoto emotivo in vuoto creativo.” Dal mio libro ©La Fragilità può essere Distrutta. (Ordina qui)
Ippocrate descriveva la melanconia (dal greco μελαγχολία, melankholía) come un insieme di “paure e scoraggiamenti”. Il termine melanconia è composto da mélaina (scuro) e cholé (bile), utilizzate per indicare una sostanza della bile nera, considerata la causa dell’umore malinconico.
Nel I secolo, Areteo sottolinea la tendenza alle ricadute relativa a questa condizione, ipotizzando una correlazione fra depressione ed eccitamento, considerandole le due facce di una stessa medaglia. Nel III secolo, Aristotele sottolinea un rapporto fra “melanconia” e “creatività”.
Egli sottolineò come artisti, poeti, filosofi e leader soffrissero più frequentemente di questo male. Nel Medioevo, l’origine dei disturbi psichiatrici iniziò ad essere attribuita a cause magiche e religiose, una concezione che si sta riproponendo a posteriori nella nostra epoca.
Ho approfondito questa indagine nel primo capitolo “Malattia e Occulto” del mio libro, disponibile a breve. Sigmund Freud, nei suoi scritti “Lutto e melanconia”, paragonava lo stato di melanconia al lutto; qui teorizza come la perdita narcisistica di un “oggetto” di riferimento, porti all’umore depresso.
Per Jung il sentimento malinconico è un’esperienza positiva. Egli dice infatti:
“Nella malinconia si cela una parte molto importante della personalità, un prezioso frammento della psiche, da cui può scaturire la creatività, conferendogli un significato di alta spiritualità catartica. Non dobbiamo cercare di liberarci di una nevrosi, ma piuttosto di fare esperienza di quello che significa per noi e di quello che ci insegna. Dobbiamo addirittura imparare ad esserle riconoscenti. Senza di lei avremmo potuto perdere l’occasione di apprendere chi siamo in realtà: non siamo noi a guarirla, è lei che ci guarisce.”
Ascoltare la depressione, significa penetrare dentro i suoi meccanismi, coglierne i contenuti, che ne fondano i meccanismi stessi. Nel percorso terapeutico, per aiutare la persona depressa, che, è senza nuove prospettive, diventa necessario introdurre un elemento che agisca come una sorta di shock, capace di scuotere la coscienza.
Dal punto di vista pratico nella nostra società moderna, per quanto ho potuto osservare, la depressione sembra derivare principalmente dall’impossibilità di prendere parte attiva al mondo. Questa impossibilità si manifesta nell’incapacità di inserirsi in un percorso lavorativo, affettivo o familiare, causando di conseguenza un senso di isolamento.
In relazione a queste cause, possiamo affermare che la depressione appartenga più ad una patologia della società, che, ad un vissuto “in sé”. E se è pur vero che noi viviamo in questa società, non dovremmo “modificarci” per conformarci, se le cause della depressione risiedono proprio in questo tentativo.
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